" No man is an island, entire of itself; every man is a piece of the continent, a part of the main." (John Donne)
Tuesday, December 13, 2005
Delirio, tenerezza e smarrimento
Ho inseguito uno spettacolo di teatro, nel senso che non sono riuscito ad andarci, ma ne ho letto e pensato, e ne scrivo: è quel celebre monologo di Sarah Kane, 4.48 Psychose; interprete, Isabelle Huppert. Una doccia di acido muriatico, una purga di veleno. Monologo di una candidata suicida: delirante, distruttivamente lucido, inquietante. Me lo sono letto, senza la distrazione della Huppert.
Perchè piace e attira un tormento del genere? siamo a Marat-Sade?
Di che si tratta? Vediamo. Intanto, vedo una donna inquietante, Isabelle Huppert, che incarna il tormento femminile più estremo, non a caso lei interprete di Madame Bovary: vedo un suo film tremendo (Chabrol, La Cerimonia) con quell'altra squinternata della Sandrine Bonnard, in cui due povere ragazze, alienate e incarognite, fanno sterminio di una bella e brava famigliola borghese.
Isabelle H. è una sfida, alla possibilità di capire e amare le donne, con quel suo sorriso che ti dice "cipperi, merlo: al massimo puoi scoparmi, innamorarti di me, soffrire - povero cocco - ma scordati alcun possibile effetto o legame, tu sei al massimo un cavallo, ma il cavalier son io".
Un mondo del genere pero' appare difficile da reggere - a l'invers, a-contrario - e dunque le eroine o schiantano (nel senso transitivo: schiantano gli uomini, i figli innocenti, etc) o si schiantano, ossia soccombono.
Novelle Icaro, che troppo in alto volle volare?
Sarah è un nome un po' maledetto: c'era quella stupidotta di Venditti, che si doveva svegliare a primavera (ma poi chissà che combinava) poi quella del Bob, grievous angel, e poi quella biblica, e chissà quante altre via; sta di fatto che ne ricordo solo di tremende. Sarah K., nella foto che ho visto, ha un viso tenero e paffuto, da inglesotta provinciale un po' ritrosa, di quelle che se le incontri ti viene da sorriderci e aiutarle, da farci amicizia; altro che turbe erotiche. Eppure, invece, eccola che scrive:
" sento che il futuro è senza speranza, e le cose non possono migliorare. Sono stufa e insoddisfatta di tutto…
non riesco ad amare. Mio fratello muore, il mio amante muore, sono io che li uccido. Galoppo verso la morte…
Alle 4 e 48 quando la disperazione mi fa visita, mi impiccherò…"
Sento tutto il freddo atroce di poveri cadaveri opachi, il tremendo orrore della realtà della morte: e la violenza sulle donne, e i gelidi rintocchi di una maledizione che aleggia. Vi ricordate Desire' Piovanelli: la immaginate, sapete cosa esattamente le hanno fatto, friends? E le altre? E quante, ancora?
Forse possiamo solo cercare di meditare, sullo strazio che ci gira intorno, e qualche volta dentro, e su questi angeli misteriosi, indomabili (come li chiama il vecchio Volli, recensendo). Invece li facciamo morire, come piante bellissime ma trascurate e incomprese, private di acqua e di luce. Siamo idioti tremendi, con mani lorde di sangue, come Macbeth.
Mi da sollievo non avere figlie, ma mi affligge che mio figlio - la speranza, il futuro - incontri sul suo gia' difficile destino una simile intricata, rovinosa realtà; tanto che non biasimerei la sua ritirata sulle alture difese di una sessualità omo - più tranquilla, più prevedibile -.
La pianura delle battaglie appare tutta ingombra di cadaveri e l'aria sembra irrespirabile. Altro che eroiche gesta. Una carneficina.
Quando penso alle belle ragazze in giro, alla maniera di Jovanotti, un po' mi riconforto; dopo pero' mi piomba addosso la voce strozzata di Sarah K. e mi sento smarrito, nel disagio di non capire, di non sapere, da che parte girarmi, dove guardare e, soprattutto, che fare.
Il tempo della libertà femminile ha aperto voragini oscure, che sembrano inghiottire i nostri vecchi miti romantici, come un autunno di alluvioni.
Dov'è finito il tempo delle alleanze?
E' difficile credere nella comprensione, a queste latitudini Serbo-Bosniache, o Israelo-Palestinesi: insanabile, il dolore sembra tanto incurabile da rendere quasi impossibile, ogni amorevole tentativo di conciliazione.
E poi, nel fondo scuro del cuore, c'è pure la voce del Daimon, Eros selvaggio, a complicare, ancora e di più, la già incasinata equazione.
Di fronte a questo rompicapo tremendo, come non ammutolire, quasi ammaliati, alle urla terribili di Sara K. ?
" Io credevo che tu fossi diverso e che magari la provassi quell'angoscia che certe volte ti traversava il volto, e minacciava di esplodere; e invece tu ti paravi il culo. Come ogni altro povero stronzo di mortale. Per la mia mente questo è un tradimento. E il soggetto di questi frammenti confusi è la mia mente. Niente potrà placare la mia rabbia. E niente potrà placare la mia rabbia. E niente potrà restituirmi la fiducia. Questo non è un mondo in cui ho voglia di vivere."
Se potessi mai incontrarla, quella biondina torbida-sbarazzina di Sarah K., forse mi darebbe un disagio tremendo, ma penso che proverei ad ascoltarla, amarla. In verità, ne ho amato anche di peggiori. Love hurts, ma se non rischi con l'amore, che mai ci stai a fare, in giro?
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