Friday, April 22, 2005

Maria & Maddalena

La Madonna di Citerna, Donatello e il meraviglioso della storia

C’è un paese in Umbria – Citerna, presso Città di Castello – dove nel 1971 il terremoto colpì duramente. Fu danneggiata anche la chiesa antica di S Francesco, dov’era una piccola statua di terracotta, alta un metro circa, raffigurante quello che molti artisti devoti (penso a Giovanni Bellini, a Raffaello…) amavano teneramente: la Madonna col bambino Gesù.
Si ritiene che questa terracotta dipinta, ora uscita da un lungo restauro, sia l'opera giovanile di uno degli artisti più prodigiosi di tutta la storia dell’arte italiana. Il suo nome intero, come lo riferisce il gran biografo Vasari, era Donato di Niccolò di Betto Bardi (si usava rimontare fino al nonno, in mancanza d’anagrafe): fu detto Donatello.
Di lui Vasari scrisse:
“ In gioventù lavorò su molte cose, delle quali poiché furono molte, non si tenne in gran conto imperocché, dilettandosi di ogni cosa, a tutte mise mani…”
(Confortante epigrafe dei dilettanti onnilaterali? )
Dicono che sia una terracotta bellissima, riportata a tutto l’originale splendore dei colori, nell’Opificio delle pietre dure di Firenze.
Nomi di luoghi e personaggi suggestivi, che parlano di un passato eccezionale, fonte di meraviglie: a volte, il passato e la storia si manifestano come uno splendido orizzonte, grandioso come un romanzo epico, un film.
La scultura: che fatica micidiale! Fondere statue, modellare terracotta, martellare marmo, intagliare legno. Altro che arte concettuale. Opificio della polvere e sudore, la fucina dell’artista.

Donatello mi affascina profondamente, da quando lo incontrai tanti anni fa alla grande mostra fiorentina, anni ’80, al forte Belvedere: fu la scoperta di un rivoluzionario delle forme, di un creatore infaticabile.
Lavorò molto, fu molto in giro, nella prima metà del ‘400 (era nato nel 1386 a Firenze, e qui tornò a morire, nel 1466): fu a Siena, Pisa, Roma, Modena, Mantova, Ferrara, Padova (dove molto rimase e lavorò).

Usò ogni genere di materiali: sperimentava, esplorava le forme e la rappresentazione; un super guru della scultura, l’arte creativa forse più grandiosa e faticosa, almeno fisicamente.

L’icona che mi resta impressa nella memoria, in un’inventario di molte creazioni sorprendenti, è la Maddalena del Battistero di Firenze: la puttana amata e redenta da Gesù. Un figura che turba: drammatica, ruvida e ieratica, trasfigurazione di crisi e di meditazione, come una strega o una santa eremita. Intagliata nel legno, crudamente, vibra di una vitalità complessa e drammatica, con i capelli lunghi e incolti, le braccia forti, le mani protese. Una donna molto segnata e scossa, vera come una donna tragica, come una Patti Smith dell’eterno. E’ un’opera della tarda maturità, la creazione di un uomo che aveva passato i 50 anni, aveva molto visto e vissuto.

La terracotta della Madonna di Citerna, con le sue tinte sognanti e le sue forme angeliche, appare quasi la visione di un ragazzo, pieno di sentimenti maternali.
La Maddalena lignea, con le sue forme straziate e modernissime, appare invece la sublimazione di un sentimento tormentato, oscurato dal tempo, una visione della donna drammatica e dolente.

Donatello scultore fiorentino, dell’alba del Rinascimento, ci ha lasciato una preziosa eredità, che chiama ad un lungo, attento viaggio di conoscenza.
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