“How many roads must a man walk down, before they called him a man?”
Cose serie.
A volte è il caso di provare voglia di vomitare, piangere o urlare; la visione del film H.R. è, come ha scritto Marco Lodoli su Diario, un pugno allo stomaco, utilmente. Un film ben fatto, importante, categoria “da proiettare nelle scuole”, per insegnare e non dimenticare. Spero che già molti di voi lo abbiano visto, chi se lo è perso lo cerchi: fa bene, alla coscienza, anche se come una medicina amara.
La frase più tremenda, detta da un belga (sic):
“a nessuno (dei paesi occidentali) importa niente del R.: non si raccolgono voti, da Voi…”.
E’ stato un genocidio orrendo, che si poteva evitare: i francesi pare siano i più colpevoli (governo di destra, se non erro. Ma Mitterand, dov’era?) però anche l’ONU… a parte l’intrepido colonnello impersonato da Nick Nolte (ruolo ideale per il vecchio duro) che si da fare come può: ma i suoi capi sapevano, maledetti burocrati.
Ci si sente giustamente degli infami, indifferenti, noi viscidi serpenti occidentali, strisciando fuori storditi dal film.
A Parigi vidi tempo fa una mostra di testimonianze, al centro Ebraico, sul genocidio in R. Tutto Illustrato da disegni, sconvolgenti, dei bambini sopravvisuti. Immagini agghiaccianti, disegnate coi tratti dell’innocenza infantile. Perché non ci sono altre fonti, niente. Il fatto tremendo è proprio questo, l’oscurità di quell’orrore: non ci sono praticamente testimonianze giornalistiche o visive, proprio nulla. Tutto avvenuto senza testimoni.
I reporters, per quanto boriosi o antipatici - come quelli del film - sono molto importanti, molto davvero. A loro dobbiamo molto, per la conoscenza delle cose.
Col genocidio nascosto del R. la storia umana torna a diffondere orrore.
1 milione di morti. Un bagno di sangue assurdo, inconcepibile, un mattatoio senza senso, se non quello dell’odio e della follia umana (gli animali non fanno orrendi massacri): quello che ci fa dubitare, ogni volta, del senso delle cose e dell’esistenza di un cane di Dio, sempre troppo distratto o assente.
Ci conforta, invece, la storia dell’uomo raccontato, Paul R., che salvò un migliaio di esseri umani: un uomo di eccezionale sangue freddo, un uomo da onorare. Ora vive in Belgio:lo penso con stupita ammirazione. Non era un guerriero, ma un semplice giusto.
E onore anche al regista, Terry George, e a tutti quelli che hanno contribuito alla realizzazione del film. Vedetelo, parlatene, mantenete almeno viva la coscienza, dannati occidentali: smidollati e complici per indifferenza. Quei soldati francesi coi RayBan, se davvero sono passati di lì come appare, inutili idioti, spero che da allora dormano molto male (ma temo di no, i vermi non hanno coscienza).
Terry George, regista coraggioso (questo film non avrà successo al botteghino), va ricordato con stima; prima di questo ottimo lavoro, ha fatto lo sceneggiatore per “In nome del padre” e “The boxer”, altri bei film. Suppongo sia irlandese, e quindi che l’odio lo senta come un’incubo reale.
Ciliegina su torta di vergogna-Rwanda: ricordo, dalle cronache di allora, che in quella terribile Radio Mille Colline, che incitava all’odio e al massacro (toh, i Media… ), si distinse un infame Italiano, un colono trasformato in sotto-boia mediatico. Che fine avrà fatto? Nessuno ne sa niente? Forse ora lavora a radio Padania?
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