(Si riprende la linea, dopo una lunga indisposizione. Sorry readers, it don’t come easy)
Roger
Stasera mi sono divincolato dallo spleen, andando a trovare Roger, giù in fondo alla via dei Missaglia, naviglio pavese. Ci sono andato in bicicletta, sorvolando un fiume di auto velenose, spinto dal richiamo di una vecchia chitarra che volevo conoscere, la sua Gibson “gigante del sud”, quella che suonava anche Woody Guthrie. Una chitarra regina del blues. Roger suona blues, forse è il migliore chitarrista blues in Italia. E’ un ragazzone, silver & lost generation: ha girato la boa dei 50, un’aria tra il professore e il vecchio hippie, e spesso porta un cappello di Panama, a peggiorare le cose. Lo incontri da sempre alla bottega di Lucio, il nostro grande guru-liutaio, dove viene a blaterare di musica e chitarre, un pò a vanvera; ma è per cercare compagnia, e mettere in stallo i suoi blu-devils con la complicità di noi tutti, pattuglia dispersa di chitarristi confederati, sconfitti, invitti.
Roger è anche amabile, fascinoso e un pò matto; alcuni lo trovano insopportabile e ossessivo, sempre con quelle sue storie di chitarristi blues, che pare abbia li conosciuto tutti lui, quando era in America. Roger ha vissuto per anni in California, e ci si chiede perchè mai non ci sia rimasto; ma forse è meglio che sia qui con noi, che in fondo gli vogliamo bene e ci fa anche piacere ascoltarlo, quando racconta e quando suona. Roger suona la chitarra veramente da dio: ha mani leggere di tocco delicato, che ricamano trame bellissime di note : a volte canta, e ha una bella voce, molto più limpida della sua anima stanca. Mi capita di immaginare che in America abbia fatto qualche pasticcio, e sia dovuto fuggire. Ma forse è solo un’immagine romantica, forse ha solo un lungo affitto insoluto, chissà. La cosa più certa è che Roger suona davvero da grande, e quando lo ascolti ti dimentichi del suo aspetto stropicciato, del suo blaterare. Quando lo ascolti, che fa cantare come una sirena la sua vecchia Gibson, più stropicciata di lui - fine anni ‘40 - non vedi più le sue ombre tristi e ti regala magìa, perchè ha la formule giuste del blues: quell’alchimia che trasforma tristezza e depressione, con dei giri di accordi e armonie. Roger è uno stregone, un curandero: e non importa se blatera o se ha l’aria triste; è un bluesman, ecco qua. E’ amabile il vecchio Roger, anche perchè sa di chitarre come un’enciclopedia e ascoltarlo in fondo è un piacere, per noi confederati dispersi.
Così ho anche comprato il suo disco, registrato un giorno lontano a san Diego - chissà quante speranze - a un prezzo un pò assurdo ma del tutto accettabile.
E se potessi mi comprerei anche la sua chitarra, ma in fondo preferisco che la suoni lui.
Stasera Roger mi ha riportato la voglia di scrivere, dopo un lungo letargo per indisposizione depressiva: tanto per raccontare di lui, oscuro bluesman del naviglio sud, oltre la chiesa rossa. In fondo è meraviglioso pensare, passando di lì, che in quei palazzoni anonimi si nasconde un grande chitarrista, il grande vecchio Roger. God bless ya, sweet man.
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